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Uno dei massimi scultori dell’antichità è Pitagora di Reggio, celeberrimo tra i suoi contemporanei, ma quasi del tutto sconosciuto ai giorni nostri. Nato nel 510 a. C. nell’isola di Samo (come il famoso filosofo e matematico suo conterraneo e omonimo), Pitagora, nel 496 a. C., al tempo della tirannia di Anassilao a Reggio, si trasferì con altri abitanti dell’isola nella metropoli della Magna Grecia, dove iniziò ad apprendere i segreti della scultura dal grande Clearco di Reggio, già famoso artista le cui opere erano presenti in molti tempi della Grecia, di cui divenne discepolo.

Verso il 480 a. C., a 30 anni, aveva già scolpito diverse statue che rappresentano atleti e figure mitologiche, superando non solo l’antico maestro, ma anche tutti gli scultori della sua epoca, tanto da essere annoverato tra i cinque massimi artisti dopo l’ateniese Fidia. La fama e celebrità del maestro corse in regioni molto lontani: infatti arrivarono a Reggio tebani, cirenei, italioti, sicelioti, arcadi e molti altri per commissionargli lavori prestigiosi. Era inoltre un ottimo bronzista, di cui restano memorabili tre sue opere, tutte raffiguranti atleti olimpionici: la statua di Astilo di Crotone, vincitore nella corsa della 73° Olimpiade (488 a. C.), la statua del pugilatore Eutimio di Locri, “statua assai bella a vedersi” come riferisce Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, e il cocchio in bronzo di Cratistene di Cirene, vincitore della corsa dei cavalli. Ancora Plinio racconta che in una gara di scultura, riferendosi all’arte dello scultore beota Mirone,

«lo superò Pitagora di Reggio in Italia con il Pancratiaste dedicato a Delfi […] Fece anche Astilo che si vede ad Olimpia […]; a Siracusa fece uno Zoppo [identificabile con l’eroe mitologico Filottete] tale che ancora a chi lo guarda sembra di sentire il dolore della piaga […]; Pitagora fu il primo a riprodurre i tendini e le vene e il primo a trattare i capelli con maggior diligenza degli altri, suddividendoli con precisione»1.

Quindi Pitagora di Reggio fu il primo a ricercare il ritmo e la simmetria e a curare con realismo certi particolari anatomici, come le vene, tendini, i nervi e i capelli. Queste caratteristiche gli consentirono l’attribuzione di numerosissime opere, in modo molto dubbio, di passaggio tra lo stile severo e quello proto – classico. Secondo studi recenti, addirittura, allo scultore reggino potrebbe essere attribuita uno o tutte e due le statue dei Bronzi di Riace, i capolavori bronzei ritrovati al largo della cittadina calabrese di Riace e conservati nel Museo nazionale di Reggio Calabria. Purtroppo le opere attribuite a Pitagora dagli antichi, come Plinio o Pausania il Periegeta (storico e geografo greco d’origine asiatica), sono andate perdute e non esistono nemmeno copie di età romana; alcune sono riconoscibili in bronzetti, altri in riproduzioni fatte su gemme e cammei. Ciò comunque nulla toglie alla grandezza dell’artista, che avrebbe meritato ben più dei rapidi accenni degli autori antichi o della quasi totale ignoranza degli studiosi moderni.

 

Davide Codespoti