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Nosside, la più grande poetessa occidentale dell’antichità, nacque e visse tra la fine del IV sec. e l’inizio del III sec. a.C. a Locri Epizefiri, colonia della Magna Grecia affacciata sul Mar Ionio, dove la donna, a differenza della società greca in generale (eccezion fatta per Sparta), era tenuta in grande considerazione dall’importante istituzione sociale del matriarcato. Infatti in questa città, unica a quei tempo, la discendenza dei figli era indicata con il nome della madre, e le donne avevano il primato nella manifestazioni civili e religiose.

La famiglia di Nosside era nobile: sua madre si chiamava Teofile e sua nonna Cleoca. Come alle fanciulle del suo rango sociale, ricevette una raffinata educazione, che allora per le donne consisteva nel saper danzare, comporre poesie e suonare. Egli stessa era valente poetessa e scrisse delicati epigrammi d’amore in dialetto dorico, raccolti nell’Antologia Palatina, una raccolta di epigrammi e componimenti greci tardo – antichi creata a Bisanzio nel X secolo d. C. Eccone uno:

«Non c’è nulla più dolce d’amore,

ogni altra fortuna è men dolce.

Anche il miele la mia bocca rifiuta».

I suoi canti ispirati all’amore erano molto apprezzati dai suoi contemporanei (come Meleagro di Gadara e Antipatro di Tessalonica) ed erano famosi in tutto il mondo greco, per cui si considera ed è considerata l’unica e più grande poetessa d’Occidente, come Saffo, tempo prima, lo era stata per l’Oriente. Questo l’epigramma dove lei stessa faceva questa distinzione:

«Oh straniero,

se tu mai farai vela

verso Mitilene dalle belle danze,

per ispirarti al fior delle grazie di Saffo,

dì che care alle Muse la terra locrese generò!

Sappi che il mio nome è Nosside, và!»

Come la poetessa di Mitilene, Nosside raccolse attorno a sé un gruppo di giovani amiche, appartenenti anche’esse alle famiglie aristocratiche della città. Insieme a loro creò un tiaso, ossia un collegio femminile dedicato alla dea Afrodite, dove le adepte si riunivano per ascoltare musica, danzare, cantare e dedicarsi alla lettura di poesie. In questo ambiente, inoltre, veniva insegnata la gentilezza, la tenerezza, l’affetto reciproco e l0amore per le cose belle. Durante tale periodo, Nosside compose epigrammi per le sue amiche, elencandone la bellezza, la dolcezza e l’intelligenza. Ecco quello dove viene elogiata la sua amica Sabetide:

«In quest’immagine

puoi riconoscere pur da lontano Sabetide

alla forma sua bella e maestosa.

Guarda: quell’intelligenza e dolcezza di lei qui mi sembra rivedere:

salve, salve, donna felice!»

Un altro esempio riguardava Melinna, di cui ammirava il volto bello e il tenero sorriso. In un altro epigramma, poi, la poetessa di Locri afferma di aver visitato un tempio nel quale era esposta una statua di Cipride (attributo della dea Afrodite, perché nata, secondo la leggenda, a Cipro), lavorata in oro massiccio. Nei suoi componimenti Nosside si differenziava tuttavia da Saffo per la sua poesia velatamente filosofica. Questo e altro contribuisce a rendere onore a questa figlia della Calabria che viene poco menzionata e conosciuta, se non per una fugace lettura sui libri di scuola superiore quando si studia letteratura greca.