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- Scritto da Chiara Nirta
- Categoria principale: Rubriche
- Categoria: Stille di cultura
- Pubblicato: 30 Giugno 2012
- Visite: 1734
Settembre, settembre, settembre. Come dire esami, come dire studio, come dire lavoro, come sinonimo di stress. Almeno così è rispettivamente per Andrea e Niccolò.
Andrea principia una nuova sessione esami, con ancora sulla pelle i rimasugli di un'abbronzatura estiva calabrese a chiazze, che la fa sembrare un dalmata.
Così è anche per Niccolò che ha invece un'abbronzatura da muratore estesa soltanto sulle braccia ed a ridosso del volto: ha passato l'estate nell'asfittica città Torinese a lavoricchiare alla Mole di documenti arretrati che gravavano sullo studio della sua scrivania.
Di buon mattino Andrea è uscita di casa per andarsene all'università, di malavoglia e col muso arricciato dalla svogliatezza. Deve assolutamente preparare un esame di Letteratura riguardante Pirandello, autore tanto amato ma che accompagnato ai detriti di caldo afoso settembrino la rende particolarmente nervosa ed intrattabile.
Alla stessa ora Niccolò esce di casa; la sua sveglia è suonata ad ore antelucane, ma il letto lo seduce talmente tanto che riuscire a lasciarlo richiede ogni di' almeno venti minuti. E' in ritardo, come sempre. Eccolo che corre: uno scavezzacollo in jeans e felpa celeste (i vestiti eleganti lo soffocano, soprattutto le cravatte), intento a saltare scalini per infilarsi nel bar a sorbire il solito caffè nerissimo e corto, mai edulcorato. E' il carburante base che gli permette di andarsene in ufficio in condizioni sufficientemente umane, gli riconnette il cervello insomma. Nonostante il caffè di Via Po sia in verità una menteca riscaldata. Ma a Niccolò piace, o perlomeno se lo fa piacere, s'illude.
Si sa, le illusioni aiutano a vivere meglio, son così aleatorie, così velleitarie ed impalpabili, ma poiché incorporee indistruttibili. Le illusioni non si colmano mai, perché un fondo non ce l'hanno, sono disseminate di piccoli fori da cui fuoriesce ogni bulimico e disperato tentativo di sopperire a quel nulla siderale di cui straripano. Ma fanno stare meglio, allegeriscono e t'inoculano adrenalina a sprazzi. Niccolò è nato per l'illusione. C'è chi nasce per creare, per convertirsi, per diventare carbonaio, chi fruttivendolo, chi narcisista, chi per errare durante tutta l'esistenza, e poi ancora, chi viene al mondo per perseverare nell'errore, chi si edifica la sua anaffettività coriacea per proteggersi dai geloni del mondo là fuori. Niccolò era semplicemente un illuso, nato con una propensione verso l'effimero. Un consapevole illuso grondante utopie, ed ecco che la menteca assurge ad ambrosia, che l'annacquata ciofeca s'arroga il diritto di esser definita caffè. E che il mondo incomprensibile e perfido che ci contiene, diviene semivivibile. Cosa fanno le illusioni!
Andrea ha fretta, è in ritardo fottuto, i colleghi l'attendono smaniando e sbuffando da mezz'ora, sveltisce il passo, a testa bassa osservando il ritmo dei passi riecheggiante sull'asfalto, velocizza l'andatura, intenta ad udire il proprio calpesticcio senza accorgersene si scontra con un passante, se lo ritrova di fronte inopinatamente: Troppo tardi, si urtano. Il passante adesso ha tutta la felpa inzaccherata di caffè e due occhi attoniti ed adirati. L'urto gli ha causato un bell'alone color cacca esattamente al centro della felpa. Niccolò osserva ancora incredulo quella macchia terrifica di caffè (per così dire, secondo lui... emh caffè), che si propaga sull'azzurro cielo della maglia. Poi si volta verso Andrea che senza dire una parola è rimasta sbalordita e mortificata senza proferire parola. Ora gliene dico quattro, è assurdo! 'Sta gentaglia non bada mai dove mette i piedi, sembra che sia cascato su un'accozzaglia di merda di mucca! Riflette così Niccolò prendendo coscienza dell'accaduto, senza rivolgere lo sguardo verso la sua dirimpettaia che desolata fa spallucce ma non riesce a spiccicare mezza parola. Poi finalmente si decide e lo sguardo di procione imbufalito di Niccolò poggia sul viso di Andrea. ( Ci sono istanti che non svaniranno mai dalla vita di un'individuo. Sono attimi vacui in cui il cervello si comprime talmente tanto che sembra stia per implodere, dal basso ventre avverti una falce reciderti le budella, ma è un solletichìo uniforme non ha a che fare col dolore: una sferzata semi foderata. E' lì che rincitrullisci e le parole biascicano, non ti capaciti, l'adrenalina irrora rimpiazzando il sangue e rimani come un baccalà, mentre una vertigine blu t'inghiotte e la fulminea domanda: "ma cosa mi sta accadendo?" che si libra nel tuo cervello non troverà mai la sua risposta, rimarrà un labirinto senza uscita).
Niccolò era stato risucchiato da uno di quegli istanti, un vortice, un buco nero che si è assorbito l'ira, che di lì a poco sarebbe esplosa inveendo su quella inerme ed impacciata creatura. Ma il volto di Andrea, quell'aria spaesata ed intristita per l'accaduto. Quelle lentiggini sparpagliate ed incupite, mezzo ingenue, avevano arginato tutto. Come si può infierire sull'innocente impacciataggine di quella ragazzetta? Che sembra così maldestra e che non si scusa neppure, ma si è ammutolita ed imbarazzata come una bimbetta, eppure è così bella nella sua timida naturalezza. Mi scusi... io, ero di fretta, mi spiace molto. Le pago la lavanderia. Mi dispiace, non so che dire... è riuscita a dire Andrea, stringendosi nelle spalle ed arrossendo timidamente. Si sente le orecchie arroventate, ed una sensazione di vergogna le invade gote e gambe. Un sorriso da idiota si espande invece sul viso di Niccolò, si sente invaso da una sensazione di disagio, mentre il vento scompiglia i capelli di Andrea e lui li osserva muoversi lentamente, attonito ed allibito come un ventenne al primo appuntamento prova a replicare Non importa signorina, capita...cioè, sarebbe stato meglio se non fosse accaduto, o forse no... io, ma sì, va bene. La lavanderia? No. Finisco sempre per ritrovarmi i capi stinti. Un caffè sì però, se desidera offrirmelo io la scuso definitivamente. Ma che gli era preso? Era forse impazzito? Che gli stava succedendo? Lo aspettavano in ufficio ed era già in ritardo da una mezz'ora abbondante. Come se non bastasse quella stupida gli aveva fatto rovesciare anche il caffè addosso, facendogli apparire la felpa come un concentrato di scacazzamento di piccioni e lui ci tentava pure? Perché altrimenti quale sarebbe stato l'intento? Sragiona, non c'è che dire. E' un folle.
Eppure non ha mai visto niente di più naturalmente bello. Quel disagio puerile a cui assiste gli ha scatenato dentro una miriade di sensazioni. Persino la patta dei pantaloni gli si sta gonfiando mentre qualche vena s'ispessisce e pulsa. Se serve a farmi perdonare perché no? Ridacchia Andrea stranita, tanto stavo dirigedomi anch'io verso il bar... soggiunge incuriosita dal viso contorto di Niccolò. Si avviano verso il bar a debita distanza e scrutandosi come bestie diffidenti, appena voltano l'angolo un venticello li investe, respirano vogliosamente l'aria è costellatata di ferormoni.
Il caffè con Niccolò è stato una cosa singolare per Andrea. Niccolò gli è apparso dapprima come un semi psicopatico. Forse perché l'ha osservata tutto il tempo con gli occhi strabuzzati colmi d'ammirazione e di desiderio, riuscendo solo a dirle: Io comunque sono Niccolò, piacere.
Ed alla risposta di Andrea che si è presentata bisbigliando appena il nome, ha replicato con tanto di sorriso trasversale e compiaciuto: Andrea eh? Un nome molto particolare per una donna. Fa uno strano contrasto col tuo volto, mi rievoca originalità e gioia. Come le tue lentiggini Andrea: Sei mora, generalmente le lentiggini caratterizzano le ragazze rosse o bionde, invece i tuoi capelli nero fondente fanno da sfondo a un arcipelago di puntini chiari... Scusami, sto dicendo una marea di sciocchezze, è che sono in imbarazzo. Non mi capita spesso di avere a che fare con ragazze come te, il tuo viso è un pugno allo stomaco se lo si scruta minuziosamente e anche la tua impacciataggine.
Il rossore ti si è propagato sulle gote dopo l'incidente, guance color papavero porpora: sembri una bambina da proteggere sai? Ma anche una donna con cui far l'Amore sino allo sfinimento, finché i pori non grondano sudore, e finché il pisello nei pantaloni non ti fa male come se ci avessero passato su un ferro da stiro.
Andrea l'ha osservato tutto il tempo interrogativa e allucinata. Ma chi è quel pazzo? Perché le sta dicendo tutte quelle cose strane che non avrebbero ragion d'essere neppure dentro la bocca di un ubriaco? Eppure non riesce a staccargli gli occhi di dosso. Quelle mani, perfettamente proporzionate che delineano nell'aria gesti integrativi, quella voce con una strana cadenza del Sud smorzata a tratti da un'inflessione indefinibile. La realtà è che Andrea ha percepito il suo desiderio, si è resa conto che lui smania al sol pensiero di esserle vicino, e percepisce i brividi di Niccolò propagarsi sul pelo delle braccia di lui, che si rizza.
Sente il suo alito caldo addosso e non smette di osservare gli occhi castani e distanti di quell'uomo, così gonfi e provati dal dolore che incunati in un viso che sprizza apparentemente vivacità e irruenza sono così controversi e tanto destabilizzanti. Andrea è indecisa, non sa bene cosa replicare e dunque sorride. I sorrisi talvolta suppliscono alla mancanza di parole, sopperiscono all'imbarazzo che inibisce l'espressione con un tipo di espressione "altra" molto più semplice, ma molto meno decifrabile, ed è in quei casi che impazza l'interpretazione più assurda.
Successivamente, rendendosi conto di sorridere da tre minuti abbondanti Andrea è riuscita a divincolarsi parzialmente dall'inerzia, e con un filo di voce ora ribadisce: Innanzitutto tu non ti sei presentato, ma dalla targhetta appuntata sulla tua felpa desumo che Niccolò sia il tuo nome. Vedi, io ti ho rovesciato il caffè all'incirca cinque minuti fa addosso, adesso ritrovarmi dal nulla qui, a disquisire con te sulle mie lentiggini è alquanto desueto, poi le tue allusioni sono molto dirette, non vai per il sottile eh? Sembri un maniaco sessuale, se non fossimo in un bar ti scaraventerei la borsa addosso. Andrea in un angolo remoto della sua anima, in un antro recondito del suo cuore, malgrado sia stranita è felice di stare lì a discorrere con quello sconosciuto, le sensazioni strane le sono sempre piaciute.
Ha esattamente vissuto tutta la sua esistenza accigliata ed attenta a scovare quel tipo di emozioni che ti dissecano per l'irruenza e l'estempotaneità il fiato in gola. Andrea è attratta dall'originalità, dal disadattamento, dall'impossibile e dalle foglie che mulinellano e roteano nei vicoli insieme al pulviscolo, ma prevalentemente da questi belenii emozionali, che la vita concede di saggiare poche volte nell'arco del nostro breve vivere. Ecco che Niccolò sta edificando la stranezza in lei, sta divulgandole nella pelle un senso di irrequietezza che la spiazza, e lei si carica di lui implicitamente, inconscia e ignara lo ingloba. E comunque Niccolò, cionostante devo ringraziarti. Esattamente a quest'ora sarei dovuta essere in biblioteca a studiare, presumibilmente non è una gran genialata eludere lo studio, ma con questo caldo, di recludermi là dentro non ho voglia alcuna. Hai il naso isudiciato di caffè, per la cronaca... continuò Andrea ridendo di gusto e autodisabbigliandosi dell'imbarazzo che all'inzio le aveva spento le parole, oramai stratificatesi sul labbro inferiore.
Adesso non Vacillava Andrea, era immota, coi piedi saldati al suolo. Niccolò era un buono, il suo volto lo denunciava, non c'era di che preoccuparsi. E quegli occhi, quegli iridi di bambino imbronciato le consolidavano le insicurezze inspiegabilmente, e lei ci si specchiava dentro. Le sue lentiggini, quelle nane brune dipartite sul suo volto alla rinfusa, si incastonavano perfettamente con le sfumature maculate degli occhi di lui: una galassia in simbiosi, un universo, una moltitudine di pianeti inespolarati ed incontaminati, in pochi, esigui centimetri di volto.
di Chiara Nirta
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