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Poi ci sono quei giorni in cui mi chiedo davvero se ho imparato a bastarmi. Ci hanno sempre insegnato che la solitudine sia una componente negativa e da cui rifuggire. Ho sempre creduto fosse errato, o meglio: la solitudine sarebbe da eludere quando in eccedenza, quando ci atterra e ci annichilisce.

E' noto: il troppo storpia ovunque. Ma la solitudine in dosaggi misurati non è deleteria, ti impartisce lezioni importanti: Ti indica come giungere alla maturazione emotiva e psichica, anche fisica. Ha a che fare con l'indipendenza, col sapersi barcamenare, ti conduce a fare i conti coi tuoi fantasmi, a battagliare coi perché e a fare i conti con una moltitudine di tarli ormai cronici. Ma io ci sono cascata: ne ho abusato; purtroppo adesso mi sono autorelegata in una precarietà sentimentale, ho fatto un uso troppo massiccio della solitudine. La cosa più triste è che non si tratta di una solitudine tangibile e corporea è tutt'al più molto assottigliata e subdola, serpeggiante che non la acciuffi. Il mio contatto apparente con le genti è pieno, sono estroversa, quella che m'attanaglia è una solitudine più profonda, una mancanza d'affinità d'anime non di chiacchiericcio o conversazioni qualunquiste da bar, quelle diluviano. I nostri intendimenti, le credenze, le idee tendono paradossalmente a isolarci, articolandoci addosso un'impermeabilità impenetrabile e conducendoci all'"assolamento", ma non dobbiamo lasciare che ci inghiotta quest'inerzia. Io invece ben spesso non riesco a reagire, mantengo le persone entro una certa soglia, cui non lascio valicare alcuno, e questo sì, preserva e salvaguarda da molte delusioni, ma è un transennato comprensivo del suo lato tagliente e acuminato, non lascia seguitare insieme alle potenziali malinconie neppure le gioie e gli scambi emozionali. Siamo edificati su baricentri strani e astrusi, le mie introspezioni logoranti lo denunciano. Ma la consapevolezza mi sprona ad una reazione, ad uno scrollarmi repentino, e alla conseguente voglia di dire: non importa se mi farò tanto male e mi escorierò, necessito di qualcuno che rimanga e non in superficie, bensì a fondo. Nel cuore o giù di lì.