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- Dettagli
- Scritto da Chiara Nirta
- Categoria principale: Rubriche
- Categoria: Stille di cultura
- Pubblicato: 04 Marzo 2012
- Visite: 1991
Caro lettore, come potrai facilmente evincere dal titolo, che non si limita a incorniciare il mio articolo, bensì è anche una
famosa frase tratta dal libro "Il piccolo principe" di Antoine De Saint - Exupéry, l'articolo verterà sull'essenzialità, su ciò che è essenziale dunque, e su ciò che invece si limita al mero compito di annoverarsi tra la "sovrastuttura"; tra la superficialità in altri termini. Nella società odierna, sempre intrisa di dinamismo, di consumismo, di una ferace velocizzazione dei metabolismi vitali, spesso disperdiamo e conseguentemente alteriamo il concetto di "essenziale", o ancora, lo invertiamo con la superficialità per l'appunto. Siamo troppo propensi a lottare per le grandi ambizioni, sempre troppo affaccendati ad arrovellarci per chissà quale cruccio o a infondere rilevanza al becerol materialismo. "Il piccolo principe", libro che ho letto recentemente, mi ha insegnato qualcosa, qualcosa che sarei felice di trasmettervi, di raccontarvi, perché caro lettore, non mi limito a scrivere in questa rubrica esclusivamente per il piacere di dire, è una gioia che mi monta da dentro, quella di interloquire con te, quella di discutere con la tua sensibilità. Lettore, se c'è una cosa che il "Piccolo principe", (un bambino di sei anni mi ha insegnato), è che una rosa può essere più preziosa degli affari, più del materialismo, un fiore col suo calice stilizzato può essere più pittoresco di qualsiasi tracotante struttura, opera o quadro. L'essenzialità è strettamente connessa alla semplicità, alle piccole sfaccettature di cui è disseminata la nostra esistenza. Ben spesso accade però che il nostro passo svelto ci accechi e ci impedisca di notare che quel sole appena sorto e che sbuca da una grondaia sta illuminando i capelli e gli occhi della persona che si ama, ci impedisce di notare l'essenzialità importante del primo dentino che spunta timido nella boccuccia di un bambino, ci inibisce la possibilità di accorgerci che il sorriso di un amico pronto lì a sollevarci il morale, sta impegnandosi in quell'intento per noi. Caro lettore, spesso l'essenzialità è invisibile agli occhi, perché gli iridi guardano, ma è il cuore che sa V e d e r e. Lasciamo che il cuore si espanda al mondo, soffermiamoci, respiriamo profondamente e scorgiamo a occhi strabuzzati quanta meraviglia si palesa innanzi a noi. Ma la primavera che s'approssima con lacerii di rondini che squarciano il cielo ad alate, le giornate che diventano più lunghe, i papaveri a maggio, voi le notate ancora? Le coppie di innamorati che ogni venti passi si impuntano rigidamente dietro l'angolo per suggellarsi un bacio, la giornata, che quando termina, prima dell'annottare trascina con sé il sollievo dalla stanchezza, un senso di risolto, perché gli impegni son stati assolti, perché quella giornata frenetica si è consumata e non può varcare il crepuscolo, perché al crepuscolo si torna a casa dalla famiglia, si torna dall'università e si esce, si va dal ragazzo, si va nel bar a prendersi un caff:, rivitalizzante. Del resto gli impegni al crepuscolo s'estinguono, perlomeno, quasi sempre. Un urlo lontano di bambini tra le piazze, che ci ricorda l'infanzia, uno sguardo che s'incrocia tra due passanti. Tutto questo non è forse essenziale? Non costeggia e fiancheggia perennemente le nostre vite? Perché non ce ne accorgiamo più? Talmente impegnati a divincolarci da improrogabilità che ci perdiamo il meglio. Troppo rosi dal consumismo, troppo inariditi dal compiangersi addosso, da un pessimismo dettato "essenzialmente" dal troppo avere, da un'insoddisfazione dovuta al superfluo. Tutte componenti che comportano irreversibilmente la cecità nei confronti delle cose importanti davvero. Impariamo a ritornare bambini di tanto in tanto, come "il piccolo principe", lui scrutava bene. Sapeva osservare accuratamente le gioie che s'annidano nel trascorre dei giorni. Scopriremo poi, che in definitiva "L'essenziale è invisibile agli occhi" di chi non sa più scorgere le pagliuzze argentee che danzano sul ciglio del proprio naso. Di chi invece di vedere si limita a guardare distrattamente.
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