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Ecco, l'aereo sorvola l'azzurro lacustre e salmastro del mare Calabrese. L'iride mio abituato al grigiore insistente e greve degli stabili e dei palazzoni torinesi si dilata ad accogliere tutto quell'infinito.

Provo quasi dolore innanzi a quest'abbaglio blu e immenso, esteso, sconfinato. E' come se tutta quell'acqua profonda e diafana mi fosse inoculata negli occhi comprensiva dello sbarbagliare del sole che la sfaccetta conferendole un senso d'immenso sterminato. Il riflesso di abbassamento della palbebra non ha luogo, eppure l'istinto che ne scaturisce sarebbe di chiudere gli occhi per un attimo, per lasciar rilassare il bulbo contratto. Avete presente quando un baluginio troppo intenso e sgargiante vi fende quasi la vista? Medesima sensazione mi pervade, ma non demordo, imperterrita m'affanno cogli occhi strabuttazi ad accogliere tutto quel cielo equoreo e liquefatto: . Sono a casa, Reggio sorride imponente con la sua terra riarsa, con le lentiggini di scoglio che si disseminano su Scilla, Scilla imbrattata di blu di verde si staglia e s'insinua dappertutto ramificando le sue vene stradali. Sì sono a casa. C'è una sorta di campanilismo insito negli uomini e nelle donne del sud, un amore per la propria terra che è intrinseco dalla notte dei tempi in noi, dilagante. L'aereo s'accinge all'atterraggio, mi sento intontita, le mie meningi vengono investite dal sole non appena scendo, i pori si spalancano come per ispirare, si contraggono successivamente eccitati. "Sì, è casa" mi dico sorridendo. Respiro fino a riempire i miei polmoni oltre il limite di contenimento plausibile. Tra le varie fragranze che mi ammantano riconosco quella salina e rasposa che tanto amo e che mi ricorda l'infanzia, le notti d'agosto a mare a lume di plenilunio. Ma quant'è bella la Calabria? Ve lo siete mai chiesti? Avete mai meditato al riguardo? E' atavica, è una bestia felina e sensuale la Calabria, è primigenia e conservatrice, pregna di tradizioni, e imbevuta di quel meraviglioso dialetto marcato che si impone. Perché il calabrese "calca l'accento", il calabrese tira una linea di demarcazione netta quando proverisce, il suono gutturale è potente e si coagula, particolarmente a Reggio in una sorta di protendersi convinto nella "Erre", che poi per amor della verità è sempre una "Errrrrrrrre". Amo la mia terra, porto con me sempre un suo lembo emotivamente nel cuore, ogniqualvolta la lascio per fuggire in città. Mi monta dentro tanta ira se pondero sul perché molti giovani come me sono costretti ed indotti ad abbandonarLa. Ma che hanno fatto alla nostra terra? I cattivi l'hanno inghiottita, l'hanno prosciugata, gli infingardi l'hanno deturpata e gettata come un canovaccio consunto e smunto. Gli indolenti si sono sempre voltati dall'altra parte se veniva ferita e squarciata, scalfita e scorticata senza scrupolo. La nostra terra ci sanguina di tra le mani e noi la gettiamo agli sciacalli a causa della noncuranza, non rimarginiamo le sue ferite. Stanno tentando di relegarci in un anfratto fittizio, mentre decurtano e recidono ogni fiore del nostro Sud, mentre inquinano ogni stilla d'acqua, mentre i vandali distruggono e polverizzano le strutture. E i mezzi di trasporto? Latrine, chiaviche itineranti, fatiscenti che neanche mediante l'usilio della derattizzazione potrebbero essere bonificate. Strade tarlate di buchi. Mentalità grette e circoscritte. Mentalità intelaiate di brutture. Mentalità "infiorate" di "fiori del male". Mentalità inghirlandate di abbigliamento uniformato e prestabilito tutto teso a renderci robot ottusi, gregge. Ma onde si sono smarrite le nostre tradizioni? Quelle vere intendo, lapalissiano! Non le idee becere che ci ottenebrano istigandoci all'abnegazione. Spendiamo il nostro tempo malamente, inutilmente: i libri "oggetti non identificati" le "Hogan" parola chiave che spalanca gli "usci" della lobotomizzazione, dell'anchilosamento, "porte" volte a renderci involucri privi di materia grigia. Se penso che Montale sproloquiava non a torto sull'omologazione di Genova, non oso immaginare come avrebbe definito ciò che siamo divenuti. Ci stiamo autodistruggendo, auto-fustigando, auto-sferzando, auto-flagellando, auto-lesionando, auto-frustando... aut-omi. Riprendiamo cognizione di causa, smettiamola di imputare e attribuire sempre le colpe allo Stato e alla politica che già di per sé vorrebbe mozzare e amputare la "punta dello stivale", ma ch'è tentativo perfettamente vano se ci contrapponiamo imparando nuovamente a ragionare privi di cliché mentali, risolleviamolo noi il Nostro Mondo. Evitiamo di farci affossare e inabissare da chiccessia. Pensiamo noi a riappropriarci della bellezza ch'è congenita nei nostri animi. Ravvediamoci, piantiamola d'essere la reiterazione dell'abuso! Smettiamola di farci additare come grezzi, incivili, delinquenti ed evasori, non sono componenti che appartengono alla maggior parte di noi, se non ad una pochezza infima e che ci rende partecipi di quella definizione implicitamente. Rinvigoriamo, ravviaviamoci, ergiamoci: Salviamoci, salviamoLa.