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Era un vecchio storpio, un occhio gli mancava, qualcuno diceva che lo avesse perso in guerra, altri, quelli più cattivi e tradizionali che il fratello della donna che aveva sedotto e abbandonato in gioventù s'era vendicato ciecandolo durante un litigio, talaltri addirittura che Iddio lo aveva punito depredandolo della vista parzialmente perché aveva il vizio di narrare come un menestrello fatti infimi e di ogni stregua pur di farsi fare la carità dai passanti che attraversavano la Stazione, così 'il Signore si era vendicato concedendogli di vedere per metà soltanto' narravano vecchiacce pettegole di paese ai nipotini pur di farli star zitti e distrarli dalle bizze. I passanti erano sempre di fretta, infilavano i sottopassaggi della stazioncina e si dirigevano muti ai treni, coi visi imbronciati da burocrazie e disamore cronico da ventunesimo secolo, non lo udivano, la frenesia gli ottundeva le orecchie. I pensieri non avevano forma erano un ammasso premeditato di giornate grigio-lavorative. Ad ogni modo l'ultimo stralcio di frase che era per eccellenza la chiusa ad ogni novella che il reietto raccontava rimbombava perentoriamente, facendosi udire con imposizione e penetrando anche le orecchie più ottuse che esistessero, soppiantando qualsiasi altra preoccupazione, rallentando la fretta d'ognuno, allentando tutta la frenesia dei più decisi e per un attimo tutti, ma proprio tutti, udivano la sentenza chiaramente: 'La verità non ha sentieri, la verità si costruisce convertendo le stesse menzogne, la verità si assembla di relatività e stati d'animo... ed è una e molteplice per tutti. Qual è la tua verità?' La gente si inchiodava come rapita, come strattonata da un violento quesito. Un quesito greve e forse vitale, che tutti ormai evitavano di porsi perché l'epoca del pensiero era tristemente trascorsa, questa era l'epoca fin troppo futurista, ma di una velocità che non lasciava respiro, di una corsa non a perdifiato ma a perdidentità, una raggiro alienante che avrebbe voluto inglobare il tutto repentinamente ma che invece conduceva spompati a niente, un tuffo frustrante, ed ecco che allora era meglio non ponderare, era meglio scacciar via con la distrazione qualsiasi domanda che necessitava di risposte lunghe e meditative. La speculazione era stata rimpiazzata dalla praticità pragmatica ed estremizzata, incolore dieci a zero. Il vecchio storpio e anche ubriaco si accovacciava sulla sua panchina, intontito dall'assenzio a decantare vita a quella borghesia che maneggiava telefoni e aridità, a quella convenzionalità arsa di ominicchi omologati a narrare le verità che nessuno voleva ascoltare; era un controsenso micidiale che frangeva antiteticamente un andirivieni spento di vite oramai dimenticatesi della bellezza dell'effimero, della delicatezza del sogno e della sensibilità dei fiori, il cemento cittadino si era inghiottito anche le loro anime. Nella stazione i treni sferragliavano come d'addio, e la voce del vecchio smorzava lo stridore col suo lamento malinconico di pietà. Li aveva perdonati, nell'animo grande dell'emarginazione non c'è spazio per sentimenti piccoli come l'odio, quella è una peculiarità caratteristica dell'inappagamento del finto benestare cittadinoccidentale. Il vecchio lo credevano pazzo perché aveva imparato a crearsi verità e realtà senza la luce d'Iddio, senza appagarsi del Credo comune, lo credevano ammattito perché diceva d'aver visto il mondo piccolo come un limone e che non c'era spazio per l'odio, in questo breve transitare di giorni alla rinfusa, che con l'avanzare dell'età corrono sempre più svelti gli attimi, non c'era tempo per covare vendetta, sprecare i giorni per costruirsi un ricatto di cattiveria, lui preferiva vedere oltre i pianeti e i satelliti, così quei dolori lancinanti che gli avevano frugato il petto e dissestato il cuore apparivano minuzie, scartoffie senza valore, combinazioni morte del caso, e allora l'arrendevolezza del coraggio, il coraggio di guardare avanti, lo rinfrancavano. 'La verità' diceva sempre 'ci rende liberi, la verità è nei libri e nell'amore incondizionato. Vi hanno insegnato ad amare necessariamente con le fedi al dito, con qualcuno accanto nel letto, ma l'Amore vero qualche volta è altrove, rimane incagliato in una lontananza senza nome, in qualcosa che la borghesia non ha definito perché quell'Amore è così sparso e grande che non si lascia incasellare nelle vostre definizioni di comodo, ma esiste eccome, ed è tanto più forte, perché vi sfugge di tra le mani e voi poveri ciechi non lo vedete! Potrei perdere anche l'altro occhio e continuerei a sentirlo, perché l'Amore non si vede, si sente nella carne, nelle bruciature che lascia quando va via, quando ritorna a mascherarsi di realtà e ti si liquefà nel cuore, nel sogno di poterlo afferrare. Amare, amare... umani, voi non ci credete più, perché la borghesia è degli uomini, l'Amore invece è dei pazzi, dei diseredati di quelli che hanno il coraggio di urlarlo, finché le corde vocali non avvampano, finché non iniziano a grondare la disperazione voluttuosa di quel sentimento che zampilla nel petto senza posa, come una ferita che non sa rimarginarsi. Io ho sete d'Amore, fame bulimica d'Amore, il mio è rimasto intrappolato in una dimensione che non è questa, in un mondo che confina col mio stridendo ma lo sento e allora vivo perché lui c'è, l'Amore c'è. Non importa dove, non importa se le futili regole dell'umanità lo vorrebbero deturpare, rendere manifesto, lo vorrebbero proibire, lo vorrebbero irridere e porre alla berlina, ebbene me ne avete privato confinandolo lontano, ma altrettanto lo avete gettato in un luogo dove non potrete prenderlo perché è troppo distante e perché esiste solo per me, prende vita di nascosto, quando voi dormite, nel silenzio si alza e lo sento invadermi, è un boato che si apre in una voragine ancora più sconfinata e io ci cado dentro, è questa la verità per me, e voi non potrete mai privarmene è ciò che al trapano resiste, quello che non esiste, l'illegittimo non è attestato e lo scaccia pure Iddio quest'Amore perché non sa combatterlo, non è un Amore promesso, è un amore appena nato nel suo splendore, che non si consuma col gravare dell'abitudine, è l'Amore che mi fa andare avanti, aprire gli occhi al mattino, bruciare di passione, che mi lascia rasente allo specchio colla bocca spalancata ad anelare ciò che mai le mie mani conterranno. Abbandonate ciò che vi hanno insegnato, abbandonate per un attimo l'antro sicuro delle case, le vostre agendine colme di impegni, la vera vita è quella che vi sgattaiola tra le gambe esattamente quando non la vestite d'abitudine, è l'attimo che non v'aspettate è lo stupore che vi inonda le anime con la stessa intensità di un tramonto-sangue che si scioglie nel petto. La verità ve la dovete costruire coi dogmi e le fedi, colle letture e le esperienze ma badate bene a non rimanere troppo segregati in nessuna di queste trappole troppo a lungo, sono solo dei tasselli non l'unico cantuccio caldo che vi può contenere, ogni cosa si sfalda, fatene un uso caduco e sarà eterno, piccole scaglie di verità costruiscono quelle grandi, quelle universali e imprescindibili, che sono epifanie e prese di coscienza istintive... La verità non esiste, ve la dovete costruire...' gracchiava il vecchio col viso storpiato, il bianco opaco dell'orbita era vivido era come se vedesse il doppio e invece sentiva. L'Amore è cieco... e ubriaco, facciamocene una ragione.