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- Scritto da Chiara Nirta
- Categoria principale: Rubriche
- Categoria: Stille di cultura
- Pubblicato: 21 Novembre 2013
- Visite: 1719
Quali sono le parole giuste per rivolgersi agli Amori Impossibili? Qualsiasi frase tu possa esprimere risulterebbe sempre sbagliata o comunque fine a se stessa. Oltre l'impossibile c'è un grande bivio che conduce in entrambi i casi a qualcosa che rimarrebbe incompiuto, nella realtà.
Per fortuna molti si accorgono che il viaggio è nella testa e allora non senza fatica lasciano sopravvivere in uno spazio intimo quello che all'esterno verrebbe irriso, degradato, giudicato. Provare a definire un amore è come ammazzarlo e crocifiggerlo è peccato e dannazione, ma del resto, se non si tenta neppure di delineargli un volto si rischia di perderlo del tutto. Perdere ciò che mai avrai è proprio un triste colmo. Gli Amori Impossibili sono stati sempre quelli più veri, sentiti, caricati di passione, malati di se stessi fino ad autodistruggersi in una foga incommensurabile di odio, devono sempre esplodere in un modo o nell'altro: sono corrente impetuosa che si abbatte su qualsiasi cosa si frapponga pure per sbaglio. Tante volte gli Amori Impossibili non parlano, evitano, si nascondono, si asserragliano nel silenzio più profondo, perché il mondo non sa ascoltarli né ascoltarsi: conta la maledetta esteriorità, la finzione omologata delle linee da seguire e che qualcuno ha proposto facendosi largo nell'accettazione comune, allora ecco che il mondo non sa ascoltarsi, non sa aprirsi a se stesso, ama udire la menzogna di quello che dovrebbe fare secondo la morale comune. La morale comune che qualcun altro ha scelto per noi, perché necessitiamo maledettamente di un cantuccio sicuro, di alcune solide credenze, del plauso generale del nostro circondario per assicurarci che il terreno da sotto i piedi sembri solido ma non è vero niente, è uccidersi, è morire accontentarsi! Non si biasimano quelli che si accontentano, la loro portata di coraggio è nettamente ridotta e non ne hanno neppure bisogno, forse son stati capaci di sminuire talmente tanto la loro voglia di sogno da farsi bastare quattro mura ed una finta coppia; forse non hanno conosciuto altra realtà che la loro, così alla fine non occorre neanche sforzarsi a cercare, perché quello che gli occorre è tutto lì. Nessuno può condannare queste persone, ognuno sceglie di vivere come meglio crede, ma è indegno non trarre un distinguo tra gli impavidi amori impossibili, quelli che non sono stati lordati dal peso della routine, quelli che ti si sciolgono fra le anche come lava liquefatta e si propagano su ogni lembo di pelle, quelli che la notte ti tengono sveglio a tessere condizionali e proposizioni ottative, film che mai avranno luogo in questo mondo che non li vuole, film proiettati soltanto sulle pareti delle camere da letto, dagli sguardi degli insonni rapiti in una dimensione che mai sarà, e quegli amori nati per adattamento, per inerzia, per aggiustamento alle falle di una solitudine che impaurerebbe. Non è errato, no... supplire così, ma è doveroso trarlo questo distinguo. I ragazzi che sbocciano, quando s'imbattono nei primi turbamenti e in quei sinceri 'per sempre' vengono scherniti, come se l'adulto avendo avuto maggior esperienza ne sapesse di più su quel sentimento a cui adesso non crede, perché la disillusione glielo ha reso sogno fanciullesco. E invece son proprio i ragazzi che sbocciano quelli che amano e sanguinano di più, quelli che sentono e danno tutti se stessi per uno sfioramento di labbra, uno sguardo tagliente oltre un finestrino, coloro che al buio pensano a quelle mani, e l'eccitazione gli sale alle stelle scombussolandogli il pube, lo stomaco e le cervella, mentre ripensano passo per passo a quell'istante minimo vissuto con la persona che amano. Loro amano appieno, sono fiumi in piena, si spendono completamente prosciugandosi in ogni sensazione che li pervade, ed allora ecco che tutto ha senso: quel grande cielo stellato è il pozzo che inghiotte i loro occhi e diventa canale di comunicazione con la vita che vorrebbero sfiorare, gli ricorda il volto asciutto e perfetto dell'incarnazione amorosa; le lune spiaccicate dietro i rami degli alberi verso sera hanno un loro perché, uno apposta per gli innamorati. Racconteranno la storia di una vecchia ricurva, stanca e consumata in gioventù, la vecchiezza non aveva fatto altro che conferire al suo corpo l'età matura che già la accompagnava quando il suo volto era spianato dagli anni giovani. Diranno di lei tante cose, molte delle quali saranno frutto di vezzi e compiacimenti, quelli che da sempre si ama ricamare sulla vita degli altri per sentirsi migliori. Sembrerebbe disonesto, ma siamo tutti dei poveretti. Diranno però qualcosa di vero, che nonostante trascorsero molti anni, e acqua a fiumi sotto i ponti lei non smise mai di sentirLo quell'Amore, quell'Amore forte e incondizionato verso le forme, i colori, la polvere in strada, Quel taglio d'occhi, le pagine dei libri, il cielo alle sette di sera che sembra ci voglia illudere sull'immortalità, l'odore di caffè tostato, il vento che urla nei vicoli sporchi e tra le grondaie, Quel taglio d'occhi, la sensazione di inappagamento alle spiegazioni facili, il mare d'inverno, il giallo dei limoni e Montale, il ruvido delle pagine, sabbia dorata e fin troppo sottile, Quel taglio d'occhi, la storia di Cyrano, la vita bastarda in strada, il profumo dell'inchiostro e la verginità del foglio bianco che attende le vergate d'una mano, le cicale ad agosto e il chiacchiericcio nelle contrade provinciali, l'aria informale dei paesi, Quel taglio d'occhi, ritrovarselo in un rigo, in un libro, in una strofa, nel dolore dell'assenza Quel taglio d'occhi. Ovunque sarebbe andata, qualsiasi compromesso avesse richiesto l'astuto bisogno di essere borghesemente felice Quel taglio d'occhi se lo sarebbe portata appresso. Avrebbero detto Questo, fra l'altro. Ed era questo ciò che contava.
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