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Mi ricordo di una ragazza. Si chiamava Asia, il nome solo a pronunciarlo apriva uno spazio sconfinato. Asia. Un baratro. Asia. E le montagne si spianavano a pianura. Si dice che i nomi guidino un destino, qualche volta. Non mi ricordo chi lo disse e non ne sono neppure sicura. Ma mi è sempre piaciuto pensare che sia così. Almeno stasera. Asia era una ragazza agitata. Il sangue sembrava ribollirle come magma. La testa le scoppiava sempre di troppe idee. Faticava a metterle in ordine. Anche perché l'ordine non le piaceva. "Banale", diceva. Ci sono esseri aggrovigliati su se stessi che la vita se la sanno complicare benissimo da sole. Senza bisogno di aiuto. E' un'arte anche questa. Ci sono tante arti al mondo, non riconosciute o guardate di scancìo. L'arte dell'orrido, dello squallore, del caos, l'arte della passione seduttiva, lei aveva per esempio, l'arte del groviglio. Se prendi un essere umano e gli imponi di camminare lungo la strada rettilinea assicurandogli che non avrà problemi, e che filerà tutto liscio come l'olio, a patto però che non svincoli nella strada intricata dove troverà morte e distruzione, quello sai che farà? Se è scemo imboccherà il rettifilo calmo, se ha sale in zucca e sangue nelle vene, se andrà a farsi fottere nel caos più abbietto e malato. C'è troppa voluttà nella trasgressione esasperante, e se qualcuno ha letto "Memorie dal sottosuolo", in un senso molto lato, andando contro ogni morale, o schema, come solo le menti elastiche e folli sanno fare, me ne darà atto. Asia, sì. E il cielo si apre e si spampana sotto lapilli di nuvole e refoli freschi d'aria che solleticano le narici vibranti di sensibilità acuta. La scrittura necessita di periodi a lungo fiato per esmprimersi, in tutti i sensi. I narratori sono poeti al contrario, non condensano mai troppo. Annacquano perché il suono delle frasi è bello ed evoca la natura di simbolismi baudelairiani, oppure l'odore del gelsomino di giugno, quindi deve contenere a fondo perduto. "Basta una parola chioccia, come enciclopedia" dice Baricco, nel suo libro che spruzza salsedine. Asia, e compare pure il mare. Asia non stava ferma. L'avrà morsa la tarantella? Forse sì, perché Asia viveva in Salento ai Tempi di Cosima. Cosima la pizzicata, quella del film di Winspeare. Cortometraggio lungo l'infinito. E comunque sia viveva e non viveva. Era una di quelle che crescono troppo in fretta nell'intuizione e rimangono bambine ineducabili alla società negli atteggiamenti. La fermavi tu Asia? Le imponevi tu che sulla sedia ci si siede col culetto ben piantato e le gambe accavallate e non con accovaccita coi piedi? Glielo dicevano, tutti. Tu, loro, noi e lei... sistematicamente se ne fregava. Arricciava il naso, storpiava il muso e sorrideva maldestra ma calibrata. Conscia di ogni espressione facciale. Era una calcolatrice. Eppure in matematica faceva ridere i polli e l'istintività si sovrapponeva al raziocinio che la rimproverava, in modo noiosamente a s s i l l a n t e. "Un'eterna lotta"... direbbe Battiato decontestualizzato, tra opposti interiori. Asia, era bella perché sapeva seguirsi e paradossalmente dosarsi. Eppure di fronte alla passione non capiva nulla. Il cervello si incagliava in una sorta di dimensione scagliata fuori dalla realtà. In quei momenti di imbarazzo passionale gli occhi guardavano e le orecchie sentivano, ma non vedevano né ascoltavano. Informazioni reali entravano grezzamente nel suo cervello e cozzavano contro le fantasie imbarazzanti che le annebbiavano la testa. I dati certi non venivano rielabotati, sì i sogni. I dati interessanti non erano le cose concrete, ma quello che sarebbe stato... era maledettamente affascinata dalle ipotesi. Al punto tale che passava giornate intere di non vita a viversi film mentali e irrealizzabili. La sua vita rimaneva ferma e lei viaggiava. Questo è il pazzesco. Perché sembrava annoiata, immobile, con gli occhi fissi nel vuoto come se l'avessero spenta da un interruttore, a testimoniare un filo di reazione la cadenza palpebrale lenta e appena accennata. Eppure dentro se solo l'aveste vista. Quandi colori, quandi baci, quanti profumi, quante parole e poi promesse a metà, eppoi... vittimismi calcolati e compiangimenti voluti, quante meschinità in un'anima fragile, e l'odio che aveva la faccia da pidocchio (inno ai futuristi!), quanti progetti che neppure le appartenevano, e le amicizie frantumate e quelle che rimanevano. E chissà perché? E quante trasgressioni, una mano fra le gambe che non scatenava nulla, un meccanico segno di una cosa che si deve fare perché si deve, e si vede! Ma poi però c'era quello sguardo, laggiù, in fondo. La vibrazione le giungeva telepaticamente e lei lo incrociava, quello sguardo dico... un secondo. Nulla di più. Tutto fermo. Un secondo e gli occhi si accarezzavano di soppiatto, un taglio netto allo stomaco. Una cesoia, l'occhio che s'abbassa violento e recide pure il suo sguardo, un secondo, ecco l'eternità signori e signore. Un secondo e la pupilla si dilatava, il sudore imbarattava, le vene pulsavano e le cosce si bagnavano. La passione non ha regole. Decide lei quando fotterti e fottersi, magari assieme a te, magari no, magari tutt'e due. Il punto è che non avendo regole, della società dove vivi tu, dei tuoi progetti, dei mantenimenti, delle correttezze, del rettilineo lei se ne fotte e ti sconquassa tutto il castello che t'eri costruito. Perché è paradossale, ma la grovigliosa passione sale in zucca ne ha. E poi Asia. E le stelle si voltano verso la volta opposta del cielo, ferma e agitata, lei. Tutti gli ossimori e i contari in lei. Immota, mentre scalmanata la fantasia accarezzava tutte quelle emozioni e lei si muoveva eccome, fra la passione del proibito, la nostalgia del passato, la possibilità di quello che sarebbe stato e, ancora, tutto quanto assieme. Le menti come Asia dell'educazione non ne volevano sapere. Non amava studiare affatto. Non perché non fosse cuoriosa. Di libri ne divorava molti. Trovava incongruo il fatto di ritrovarsi davanti gente disinnamorata del proprio mestiere che aveva fatto del pensiero degli autori la stessa cantilena a memoria che rimproverano ai ragazzi. Si sentiva costretta a seguire una strada troppo diritta. Meglio il groviglio autodidattico delle letture a piacere, aveva conosciuto il Marchese De Sade, solo Iddio sapeva quante notti aveva passato elegante e ferina, curiosa, innocente e sfacciata a servirlo, poi aveva incontrato L'Idiota di Dostoevskij che si era rivelato un genio, così aveva anche imparato a non giudicar mai all'Apparenza, aveva incontrato i Bravi a Como, ed anche le Bestie Cattive di Eggers, poi pure quello lì, come si chiamava, di nomi ne aveva molti, ma siccome non gli piaceva definirsi in una forma, diciamo il Kaos. Sarà la verità? La verità dice di lei, anzi Lui, dice di Lei: "Io sono, come mi si crede". Poi c'era stato l'incontro con quella del faro, Asia era riuscita a salutarla prima che se ne andasse fra le sue onde. Ma sempre da Ferma, Asia. Gli occhi solo vispi e mobili sul rigo. Asia, e si aprirono le fauci dell'Ouse che per sempre se la trascinò via, perché affondare è un po' come volare, chiedetelo a Maria Marea! Lasciando noi con tante domande, Leonard con più reticenze. Poi conobbe quello che "aveva gli occhi di un animale in caccia" e si chiese dubbiosa "ma sono alla Locanda Almayer oppure in macchina con Dean Moriarty?" Ecco il groviglio cosa le aveva dato, cresceva, da ferma con quei libri sotto braccio. Che non la lasciavano neppure al supermercato. Eppure non era mai stata in un solo posto per più di cinque minuti. Asia, e cade pure il sole sanguinolento dello Ionio. Asia, e fra quelle strade che costeggiando la risacca del mare Greco d'adozione, dove è tramontato qualche amore intramontabile, sparpagliandosi per vie ed echi lontani, insinuandosi dal passato nel futuro di sboccianti nuovi gesti e parole, appartenenti ad altri caparbi che si ameranno ancora a loro nome o tributo, finché il dimenticato non imprigionerà anche loro a loro volta in un eterno disperso chissà dove, per lasciare spazio ad altri, e poi ancora, così... Perché l'Amore finisce nell'inizio di un nuovo contagio. Mi richiama alla mente Ugo Foscolo questo, e l'erba che ricresce fresca sulla fine, per smacco e dovere. E arriva Giordano Bruno con l'altalenante precetto. Asia e si aprono le tarantolate, di quelle donne lascive e mai stanche, di quelle donne che combattevano in silenzio la tirannia del lavoro nei campi, dei parti che disfacevano loro ventre e utero; delle martirti del focolare, coi calli a piedi, i rosari nella mani, e l'ordine di scordarsi il nome del brigante amanto, per salvarlo. Perché a volte per salvare, bisogna smettere di Amare e quanto Amore ci vuole per non Amare l'Amore? Ecco perché scoppiava la taranta, ecco perché urlavano "ahhhhhiiiii!" quando abballavano, ululando famelicamente alla luna un dolore che nessuno poteva capire. Testimoni quei prati umidi di brina, libidine casta del creato; testimoni quei pleniluni e quel sangue di mestruo che bagnava le candide sottane che accompagnavano il ballo, come un capretto scannato a cui si inzacchera il bianco vello d'orrore scarlatto, prima di spirare l'ultimo refolo di vita adagiandolo sul limite dell'Ade, in bilico; quel sangue sui tamburelli, le mani "'mpasciate" e le tempie scheggiate, non si poteva smettere di suonare la tarantella, le ferite della stanchezza erano benzina sul fuoco, odore e rimembranze di rosso papavero, passione, ossessione, sudore, barbe, petti villosi, spade impolverate, raggrumi di carne marcita, Colosseo, fiere, leoni strappacarne, dominazione, resistenza, sottomissione, leggi proprie, sole rovente e campi arsi, non so se sia un miscuglio da baccante, strega, satiro, dionisiaca pozione o solo fardello greco tramandato da gesti e gesta, ma Asia, e si apriva tutto questo, in lei. In lei c'era tutto, era tutto scritto nella sua carne, come l'anima di Savinio scarabocchiata e vissuta, in quel Salto Mortale per cui si muore per molto meno, per fortuna Non Si Muore Ogni Giorno. "Asia", le dicevano, "vai come va il vento" "mi piace sibilare tra i fori delle canne, è così ch'è nato il flauto di Pan" "Asia, intendevo che sei incoerente" "Il tipo del sottosuolo dice che la gente intelligente non concluderà mai niente. Il loro compito è parlare, ed è come versare acqua in un paniere..." "Allora non sei intelligente, sei inutile!" "E' proprio per l'inutile che la gente muore e s'innamora" " Ne sei sicura?" "No, forse mi confondo con la noia"! Asia era così, un fiume puro e incontaminato, inquinato da tutto forché da se stessa. Perché noi stessi non saremmo mai, noi. Sempre altri e altri ancora, arricchiti o depredati di qualcosa che ci cambia faccia dal dentro. Siamo comandati da leggi di natura, da reazioni inconscie, da religioni, schemi, società-educazione, conflitti interiori, autolesionismi, patologie e manie di grandezza che poi è la stessa cosa!, oppure il contrario, è il "Sentimento della nullità di tutte le cose" che ci fa vivere e ambire, è il Fratello-Nulla del ragionier Montale a permetterci di rimanere a galla, e se L'Essenziale è Invisibile Agli Occhi è perché è inutile. Inutile non significa inutile. Se inutile è essenziale, dunque Aristotele aveva stabilito equazioni perfettamente logiche e umanistiche al tempo stesso. Forse una buona volta, umanisti e matematici capiranno e danzeranno una taranta per la pace senza scornarsi troppo. Era anche quest'ultima una delle tante utopie d'Asia. Mi ricordo Asia, mentre si apriva la notte e i cani guaivano in lontananza verso qualche cacciatore, in uno dei suoi sogni c'era un lui che non aveva volto, non uno vero. Portava una vecchia coppola siciliana, e lui non avrà avuto che diciassette anni, naso aguzzo e maschile, capelli neri e occhi ferini al buio, sapeva di selvaggio e ingenuamente antico, e Asia lo osservava dalla finestra mentre lui le fischiettava sotto le stelle, accompagnato da cori di rane e grilli: "'Stu pettu è fattu cimbalu d'amuri..." e lei lo amava, non sapeva perché. No, non se lo chiedeva, come molte cose era così e basta. Poi scomparve d'improvviso inghiottito dal buio. Non era il suo innamorato nonostante l'amasse, ma il suo stesso spirito ribelle e maschiaccio che se ne andava in giro. E la notte confondeva col verso della volpe, divertito, i cani dei pastori. Tanto per far baccano, per fingere di vivere per sempre. Perché si dice che se fate rumore la morte si confonde e non vi trova. Non mi ricordo neppure se qualcuno l'abbia detto sul serio, ma mi è sempre piaciuto pensare che sia così. Almeno stasera. "Sta' ferma un po' Asia..." "Ma sono immobile..." E il cielo si capovolgeva... - di Chiara Nirta