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- Scritto da Filippo Musitano
- Categoria principale: Rubriche
- Categoria: Viaggio nelle Radici
- Pubblicato: 07 Marzo 2012
- Visite: 1945
Il cono di luce in mezza a quella polvere non prometteva nulla di buono.. i due si avvicinarono alla lampadina che se ne stava a terra,la presero ,ma puntando la luce "a destra e a manca"
non videro il loro amico. C’era un albero li vicino,dalle foglie si sentì una voce,era lassù. Era saltato da un ramo basso ,quando vide il cinghiale venirgli contro,e si nascose lassù. I tre iniziarono a ridere dalla felicità,stavano bene,ora c’era un motivo in più per continuare questo pellegrinaggio. Iniziarono a fumare,ma erano ancora tanto tesi, che ad ogni rumore strano sobbalzavano. Ricominciarono il cammino e passando da dove avevano visto i cinghiali si accorsero che c’era qualcosa di strano,la stranezza era segnata anche da un puzzo nauseabondo. Una carcassa di capra era abbandonata tra la polvere,forse erano stati i lupi a ridurla in quel modo,con la schiena rotta e le corna che toccavano le gambe posteriori. Dalla sua pancia ridotta a brandelli prima dai lupi e poi dai cinghiali,uscivano viscere puzzolenti,e mosche a cenar su di loro. Con la mano alla bocca i tre proseguirono. Erano le quattro e mezza del 30 Agosto,le montagne che guardavano il mare iniziarono ad illuminarsi di un misto di arancione ,rosa e rosso. Era l’alba,un nuovo giorno,stava per iniziare,nel mondo in quel momento qualcuno nasceva,qualcuno moriva,qualcuno piangeva,qualcuno faticava,loro tre camminavano le montagne di Corrado Alvaro. Una enorme quercia segnava la vicinanza di Polsi,il rumore degli organetti si faceva sempre più vicino,dalla montagna di Farnia si sentivano i camion dei “riggitani” che scendevano suonando e cantando. La montagna da muta,iniziò ad essere parlante e confusionaria,nell’anfiteatro,”rote” di ballerini e suonatori facevano a turno. Chi per fede chi per ubriachezza,ballava,e saltava facendo gesti antichi,inchini. In quella rota vicino la fontana,c’erano vecchi ballerini che iniziarono a fare la schermata,muovendosi come i pupi quando narrano dell’Orlando furioso,e usavano le braccia e le mani come spade. Ora quell’anfiteatro è un fiore all’occhiello tenuto in ordine,e anche la piazza sotto il Santuario è ordinata e pulita con tante bancarelle che vendono oggetti sacri ,lcandele e quant’altro serve ad annichilire la fede! Uno dei tre ricorda quando fino a pochi anni prima non c’era la piazza,e tanto meno quelle belle bancarelle in legno,ma c’erano baracche di lamiera dove venivano ammazzate le capre e il loro sangue correva tra la polvere fino a buttarsi nella fiumara che,ferita scendeva a valle. Sembrava un rito pagano,sembrava di essere ella Magna Grecia quando gli animali venivano sacrificati agli Dei. Polsi è un grande mistero,e non solo un dogma di fede, ma un vero e proprio dogma antropologico. Polsi è una realtò che in quei tre giorni di festa rappresenta le mille facce della Calabria.
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