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Era tempo di ripartire e Polsi era ancora a quasi sei ore di cammino……tra le “brivere” c’era un viottolo che portava all’anello di pietra Cappa,un monolite nel bel mezzo della montagna,che per anni era stato un faro per la gente che camminava su quei monti. Iniziava una scalinata naturale che in inverno è culla dell’acqua che scende dalle montagne.Quest’incanalamento era stato fatto dall’uomo,pietra dopo pietra, alla levigatura ci aveva pensato l’acqua. Le pietre erano taglienti tanto che le donne ,che per ex voto vanno a piedi nudi al santuario, stanno quasi due ore ad attraversare quel tratto perché si tagliano sempre i piedi.

 

La salita era irta e i tre giovanotti salivano i gradini con passo lungo,portandosi in avanti con il busto e allungando ancora di più la gamba. Alla cima della scalinata iniziava una mulattiera ,polverosa, in terra battuta che a ridosso di uno strapiombo,cingeva questa gigantesca testa di pietra. Quando l’occhio mise il suo sguardo fuori dall’ultimo gradino,vide un panorama mozzafiato. Il monolite immerso nel blu ,incoronato da milioni di stelle, tra cui si vedeva nitidamente il grande carro dell’orsa maggiore, e a rendere più mitologica quella scena ci pensò uno dei tre con un racconto che partiva dall’antica Grecia. All’epoca, Artemide, figlia di Zeus, ,dea della caccia,gemella di Apollo,aveva per compagne delle ninfee su la cui verginità la Dea vigilava. Sennonché quel puttaniere di Zeus ,un giorno, prese le sembianze di Artemide ed ebbe un rapporto con la ninfa più bella, Callisto. Era ,la moglie di Zeus,aveva come animale sacro un pavone, forse perché per badare al marito aveva bisogno di tanti occhi quanto quelli di una coda di pavone. A dire il vero di quant’era cornuta gli si addiceva di più un cervo. La cattivissima Era si accorse della tresca di Zeus con la ninfa da cui nacque un figlio, Arcade, e per vendicarsi trasformò Callisto in un’orsa. Un giorno,cacciando, Arcade stava per uccidere la madre orsa,allora il grande Zeus,per proteggerli,prese dal fodero uno dei suoi fulmini incantati, e trasformò Callisto e il figlio nelle costellazioni dell’Orsa Maggiore e dell’Orsa minore. Finito il racconto il giovane si sentì tutto fiero del fatto che i suoi studi siano serviti a qualcosa, ma gli altri due iniziarono a prenderlo in giro chiamandolo “u professuri”. Adesso sarebbe toccato a loro tirare fuori dalla bocca una perla di saggezza. Infatti un altro iniziò a raccontare una leggenda che riguardava Pietra Cappa. Disse che gliela raccontò suo nonno, risaliva al tempo in cui Cristo visitò la Calabria insieme ai suoi apostoli. Un giorno risalirono quelle montagne partendo dal Careri,il Signore disse ai suoi fratelli di prendere ,ciascuno, un sasso di quella fiumara,San Pietro chiese il perché,ma il Maestro disse che dovevano fidarsi. San Giovanni senza chiedere troppe spiegazioni ,prese in spalla una rocca di due chili e mezzo quasi tre, San Pietrino,invece,un po’ stizzito dalla risposta del Signore,cercò per un quarto d’ora fin quando prese da terra un sassolino che gli entrò comodamente in tasca. La carovana apostolica iniziò il suo cammino tra le pendici del monte aspro con capo fila San Pietro,che camminava come fosse in gita di piacere,e chiudi fila il povero San Giovanni, che passava la rocca da sopra la testa, a sopra le spalle e da sopra le spalle a sopra le braccia a sopra la testa ancora. In una confusione assurda non trovava la posizione comoda per portare la rocca. Invece  a San Pietrino gli mancavano gli occhiali da sole e la fotocamera e sembrava proprio un turista in villeggiatura. Dopo cinque ore di cammino senza sosta, Nostro Signore decise di fermarsi, i poveri Apostoli appoggiarono le pietre ,che avevano preso prima, a terra. Avevano  solo un po’ d’acqua da bere, e da mangiare gli erano rimaste solo le unghie delle dita delle mani.